Con ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione da parte della prima Sezione Civile continua il cammino volto a chiarire se le fideiussioni bancarie prestate in conformità ai testi ABI, già sanzionate dalla Banca di Italia in quanto apparentemente in contrasto con la normativa sulla tutela della concorrenza e del mercato, siano o meno affette dalla cd. nullità derivata (quella appunto riveniente dalla violazione di intese restrittive della concorrenza e dal cd. abuso di posizione dominante), da nullità parziale o se le violazioni del caso possano dare semplicemente diritto a risarcimento del danno.

Il caso

Il garante a titolo personale di una società conveniva in giudizio un istituto di credito per accertare la nullità di contratti di fideiussione sottoscritti a garanzia di un rapporto di conto corrente e di un rapporto di mutuo nonché l’insussistenza di qualsiasi debito nei confronti di quest’ultima; il garante richiedeva anche la condanna dell’istituto di credito al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, nonché la cancellazione delle segnalazioni negative effettuate dalla banca presso la Centrale dei Rischi Banca d’Italia.

Vale la pena di precisare che la banca in questione aveva comunicato alla società la risoluzione dei contratti e chiesto il ripianamento delle posizioni per il recupero delle quali aveva ottenuto decreto ingiuntivo; il garante si era opposto.

Quest’ultimo sosteneva la violazione di più articoli dei contratti di fideiussione, fra i quali si annovera la rinuncia alle previsioni dell’art. 1957 Cod. Civ. (che disciplina i termini entro i quali permane l’obbligazione del fideiussore nonché l’interruzione della prescrizione).

La Banca d’Italia, dal canto suo, con provvedimento n. 55 del 2005, aveva accertato che gli artt. 2, 6 ed 8 del testo fideiussorio contrastava con la predetta legge 287/1990.

La Corte d’appello competente aveva parzialmente accolto la domanda dichiarando la nullità di alcuni articoli (2, 6 ed 8) dei contratti di fideiussione opponendo, però, un rifiuto alla domanda di risarcimento per danno patrimoniale; al contrario, era stata accolta l’istanza di cancellazione della errata segnalazione del nominativo censito in Centrale dei Rischi Banca d’Italia in conseguenza della quale era altresì accolta la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale (nel caso in esame il cd. danno all’immagine riveniente dai riflessi dalla errata pubblicazione).

Ciò che più preme di rilevare e il concetto d’invalidità derivata delle tre clausole contenute nei contratti di fideiussione in relazione e violazione dei principi inderogabili della libera concorrenza e del mercato, divenuti, a detta della Corte d’Appello, parte integrante dell’ordine pubblico italiano.

Inoltre, la Corte d’Appello escludeva che l’invalidità potesse estendersi agli interi contratti sottostanti (conto corrente e contratto di mutuo).

Fra i motivi invece addotti dalla banca a sostegno delle sue tesi in cassazione è di primaria importanza quella relativa alla violazione e falsa applicazione della normativa sulla tutela della concorrenza e del mercato e sull’estensione della nullità dei contratti di fideiussione che si pongono a valle dell’eventuale attività contraria alla concorrenza stante la possibilità di riconoscere il solo diritto al risarcimento del danno.

La Prima Sezione della Suprema Corte ha concluso come segue: “L’insieme di tali interrogativi rende evidente la necessità di una rimeditazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di nullità dei contratti stipulati in conformità d’intese restrittive della concorrenza, volta a verificarne l’applicabilità alle fideiussioni bancarie prestate in conformità delle condizioni uniformi predisposte dall’ABI” per accertare, tra le altre, se le fideiussioni bancarie prestate in conformità ai testi citati siano affette da nullità derivata dalle norme anticoncorrenziali, da nullità parziale o se sia consentito, nei casi di specie, il solo risarcimento del danno.

 

 

 

 

 

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