Il consulente finanziario dipendente può essere radiato dall’albo sia se venuto in contatto con il cliente nell’esercizio della specifica attività che per la concorrente qualità di dipendente dell’intermediario”

La Consob disponeva la radiazione di dipendente di istituto di credito dall’Albo Unico dei consulenti finanziari ai sensi del D. Lgs. 58 del 1998, art. 196, per aver acquisito, tramite distrazione, la disponibilità di somme di pertinenza di un cliente con il perfezionamento di operazioni da esso non autorizzate a mezzo dell’utilizzo dei codici di accesso telematico ai rapporti.

Il consulente ricorreva in appello sostenendo, fra gli altri motivi, l’inapplicabilità nei suoi confronti delle norme poste a base del provvedimento sanzionatorio in quanto non ebbe mai a svolgere attività di promotore finanziario ma solo quella di dipendente a tempo pieno dell’istituto di credito.

La Corte d’appello accoglieva tale motivo di opposizione sancendo che la qualifica di promotore finanziario non comporta, al di fuori dei rapporti professionali svolti in tale veste, l’osservanza delle prescrizioni imposte.

Consob proponeva ricorso in cassazione chiedendo che fosse pronunciata la nullità della sentenza per difetto di motivazione sulla questione essenziale sottoposta al vaglio della Corte d’appello di Firenze: l’appartenenza del dipendente all’Albo Unico dei promotori (ora consulenti) finanziari, funzione esercitata dal medesimo per conto della banca della quale il danneggiato era cliente.

La Suprema Corte , visti gli articoli 107 e 108 del regolamento Consob, in connessione con gli articoli 30 e seguenti del TUF (Testo Unico Finanza) che impongono al consulente finanziario di rispettare gli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza “nei confronti di tutti i soggetti con i quali egli venga in contatto nel corso della sua attività professionale, qualunque sia la veste in cui si trovi ad operare” ha ritenuto che il consulente finanziario “era tenuto a rispettare le norme oggetto di contestazione, in ragione della sua appartenenza all’albo dei consulenti finanziari, nel quale figurava come soggetto operante” per conto della banca intermediaria a prescindere dal fatto che il medesimo agisca secondo le forme tecniche dell’offerta in sede o fuori sede, considerato che il cliente, già seguito dal consulente in qualità di private banker, ben poteva essere considerato potenziale cliente nella sua veste di consulente finanziario operante fuori sede.

L’interpretazione della Corte d’appello secondo cui il consulente finanziario è soggetto alle norme che ne disciplinano l’attività e alle relative sanzioni solo in relazione a comportamenti posti in essere nell’ambito di rapporti professionali svolti in tale specifica veste è, a detta della Suprema Corte di cassazione: “in palese contrasto con la ratio delle norme che stabiliscono le regole di comportamento del consulente finanziario, finalizzate all’evidenza a garantire la diligenza, la correttezza dell’attività del promotore nei confronti dei soggetti, clienti o potenziali clienti dell’intermediario al quale egli è collegato, che entrino in contatto con lui nel corso della sua attività professionale”.

Nel cassare la sentenza di appello, la Cassazione, rinviava il giudizio alla stessa vincolandola, nella sua nuova pronuncia, ad attenersi al seguente principio di diritto:

“Ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 196, nei confronti del consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede, che si sia reso responsabile di una delle violazioni contemplate nell’art. 110, comma 2, lett. a) del Regolamento Consob n. 16190/2007, è applicabile la sanzione della radiazione dall’albo, senza che abbia alcuna rilevanza la distinzione, quando egli sia dipendente dell’intermediario al quale è collegato (D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31), a seconda che egli sia venuto in contatto con il cliente o il potenziale cliente nell’esercizio della specifica attività connessa alla qualifica o per la concorrente qualità di dipendente dell’intermediario“.

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