Un investitore citava banca, società garante e SIM collocatrice avanti al Tribunale di Ancona per sentirle condannare in solido al pagamento della somma di euro 384.549,68, oltre interessi e rivalutazione, avendo acquistato titoli emessi dalla prima, garantiti dalla seconda e collocati dalla SIM mediante acquisto avvenuto presso gli uffici dei promotori finanziari dell’ente collocatore.

Sul presupposto che l’operazione doveva intendersi perfezionata fuori sede, il ricorrente rilevava che il contratto di negoziazione era privo della clausola relativa al recesso di cui all’art. 30 t.u.f. e che, in conseguenza, l’operazione finanziaria doveva considerarsi nulla.

Sia il Tribunale di Ancona che la Corte d’appello della stessa città respingevano la domanda reputando che l’acquisto fosse stato operato presso la SIM e non fuori sede.

Il cliente ricorreva in Cassazione e, confrontando l’art. 30, commi 1 e 3, t.u.f. (1. Per offerta fuori sede si intendono la promozione e il collocamento presso il pubblico: a) di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell’emittente, del proponente l’investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento; b) di servizi e attività di investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio o l’attività – 3. L’offerta fuori sede di strumenti finanziari può essere effettuata: a) dai soggetti autorizzati allo svolgimento dei servizi previsti dall’articolo 1, comma 5, lettere c) e c-bis) e b) dalle Sgr, dalle società di gestione UE, dalle Sicav, dalle Sicaf, dai GEFIA UE e non UE, limitatamente alle quote o azioni di Oicr) e l’art. 1, comma 1, lett. g), reg. Consob n. 16190/2007(“una sede, diversa dalla sede legale dell’intermediario autorizzato, ndr. (deve essere) costituita da una stabile organizzazione di mezzi e di persone, aperta al pubblico, dotata di autonomia tecnica e decisionale, che presta in via continuativa servizi o attività di investimento”) assumeva che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che l’ufficio privato dei promotori finanziari fosse assimilabile alla sede o alla dipendenza dell’intermediario per il quale i ridetti promotori lavoravano; inoltre, sosteneva che la Corte avesse omesso, per un verso, di verificare se il luogo della negoziazione soddisfacesse i requisiti atti a distinguerla dai “semplici negozi aperti al pubblico”e, peraltro, avesse impropriamente affermato che il promotore finanziario potesse qualificarsi come incaricato del collocamento.

La Suprema Corte, dal canto suo, nel richiamare una precedente sentenza delle Sezioni Unite (3 giugno 2013, n. 13905) ricordava che la disciplina dell’offerta fuori sede non riguarda il solo caso in cui la vendita fuori sede di strumenti finanziari da parte dell’intermediario sia intervenuta nell’ambito di un servizio di collocamento prestato dall’intermediario medesimo in favore dell’emittente o dell’offerente di tali strumenti, ma che tale normativa opera anche quando la medesima vendita fuori sede abbia avuto luogo in esecuzione di un servizio d’investimento diverso, ivi compresa l’esecuzione di ordini impartiti dal cliente in esecuzione di un contratto quadro, ove ricorra la stessa esigenza di tutela: il collocamento dello strumento finanziario è in altri termini “da intendere in senso ampio, come sinonimo di atto negoziale mediante il quale lo strumento finanziario vien fatto acquisire al cliente e quindi inserito” nel suo portafoglio “a prescindere dalla tipologia del servizio d’investimento che abbia dato luogo a tale operazione”.

L’attività di promozione consiste, invece, nella sollecitazione, nei confronti del cliente, del predetto collocamento di strumenti finanziari o di servizi e attività di investimento: si tratta, quindi, di un’attività preordinata alla conclusione del collocamento mentre la promozione si distingue dalla semplice pubblicità che ha solo scopo informativo.

Anche la CONSOB ha ribadito che la “mera segnalazione delle denominazione e della sede di un intermediario autorizzato, nonché nella generica enunciazione dei pregi del medesimo, senza svolgimento di alcuna attività promozionale o contrattuale a favore e nell’interesse dell’intermediario relativamente ai servizi dallo stesso prestati” non rappresenti un’offerta di servizi di intermediazione mobiliare; appare quindi evidente che la disciplina regolamentare, per chiarire cosa sia una dipendenza, abbia preso in considerazione le articolazioni territoriali della società intermediaria munite delle indicate connotazioni, e non tutte le unità locali in cui il promotore espleti le attività di promozione o di collocamento.

In questa sede rileva la vera e propria promozione di strumenti finanziari; ora, poichè l’offerta fuori sede consiste nelle attività di promozione e di collocamento fuori sede, è evidente che il legislatore abbia identificato il “soggetto incaricato della promozione e del collocamento” di strumenti finanziari in uno dei soggetti che sono abilitati allo svolgimento dell’attività di offerta fuori sede.

La Corte, interpretando la legge, assume che costituisce offerta fuori sede l’attività di promozione e di collocamento di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze del soggetto incaricato della promozione e del collocamento e che essa abbia riguardo alle attività di promozione e di collocamento riferibili ad uno dei soggetti abilitati.

Ha, invece, negato che per stabilire se si sia o meno in presenza di un’offerta fuori sede, debba guardarsi al promotore finanziario: è quindi da respingere l’idea che un’attività di promozione e di collocamento fuori sede possa essere esclusa attribuendo rilievo al luogo, diverso dalla sede legale o dalla dipendenza dell’intermediario, ma comunque riconducibile al promotore stesso, in cui questi abbia stabilito il contatto con l’investitore.

La disciplina normativa non prende infatti in considerazione i promotori per qualificare l’offerta come in sede o fuori sede, ma i soggetti abilitati che dei promotori si avvalgono.

Ciò che conta, nel sistema della legge, è dunque la coincidenza o meno tra il luogo in cui si svolge la promozione o il collocamento dello strumento finanziario e la sede legale o la dipendenza dell’intermediario abilitato e non già il fatto che tali attività siano state, o non siano state, poste in essere in un qualsiasi ufficio di pertinenza del promotore.

Il promotore finanziario è una persona fisica e ad esso non è certamente riferibile la previsione dell’attività svolta al di fuori della sede legale, che è invece univocamente riferibile alle società; la sede legale menzionata dalla norma è dunque quella del soggetto abilitato che si avvale del promotore e ciò dimostra, una volta di più, che il legislatore non ha inteso dar riferimento alla persona del promotore per definire l’offerta fuori sede.

Appare chiara la centralità alla figura dell’intermediario abilitato: non è infatti sufficiente che il promotore, nell’interesse del soggetto abilitato, ponga in atto l’offerta in un locale di propria pertinenza aperto al pubblico, ma è necessario che tale offerta, ove non eseguita presso la sede legale dell’intermediario, abbia luogo in una unità locale strutturata, nei precisi termini indicati dalla citata normativa regolamentare, come dipendenza del detto soggetto.

In conclusione, le norme citate concorrono nel definire l’offerta fuori sede avendo riguardo alla figura dell’intermediario e, segnatamente, alla promozione e al collocamento svolti al di fuori della sede legale o delle dipendenze del detto soggetto.

Non è pertanto decisivo, come sopra osservato, che dette attività siano poste in essere nell’ufficio del promotore, occorrendo verificare se tale luogo si collochi all’interno della sede legale o sia parte di una dipendenza del soggetto abilitato.

Il considerare fuori sede anche l’offerta attuata dal promotore presso il proprio ufficio, in cui si rechi l’investitore, ma che non sia da qualificare come sede legale o dipendenza dell’intermediario, è in altri termini una conseguenza necessitata dal quadro normativo; ai fini del recesso, non ha difatti più rilievo, come un tempo, la sola “vendita a domicilio”, ma ogni attività di promozione e di collocamento che non si attui presso la sede legale o le dipendenze dell’intermediario.

Al fine di escludere l’applicazione della richiesta nullità non è quindi sufficiente che il locale in cui si era recato l’investitore recasse le insegne della società intermediaria ma era necessario verificare se esso potesse essere qualificato come dipendenza dell’intermediario in base ai criteri regolamentari e di legge.

Il legislatore ha inteso elargire all’investitore una più avanzata forma di tutela, destinata ad operare a fronte di ogni operazione di collocamento che, per perfezionarsi fuori da detti locali, debba presumersi non costituisca il frutto di una premeditata decisione dell’investitore, quanto, piuttosto, di una sollecitazione proveniente dai promotori di cui l’intermediario si avvale.

Pertanto, la Suprema Corte, nel cassare la sentenza della Corte d’appello di Ancona, ha fissato il seguente principio di diritto: Per escludere l’applicabilità della disciplina relativa all’offerta fuori sede di cui all’art. 30 t.u.f. (ndr. la nullità), nella vigenza del reg. Consob n. 16190/2007, non è sufficiente che la promozione e il collocamento di strumenti finanziari si attuino in luogo di pertinenza del promotore finanziario, ma è necessario che tali attività si perfezionino presso la sede legale dell’intermediario autorizzato, ovvero presso una dipendenza dello stesso, per tale dovendosi intendere l’unità locale costituita da una stabile organizzazione di mezzi e di persone, aperta al pubblico, dotata di autonomia tecnica e decisionale, che presta in via continuativa servizi e attività di investimento”.

 

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