Le Suprema Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi, a sezioni unite (la più importante composizione dei collegi di legittimità) sulle questioni attinenti alla giurisdizione, ovverossia alla capacità di un giudice di pronunciarsi su di una domanda giudiziale.

La pronuncia in esame ha chiarito che le domande giudiziali formulate da investitori ed azionisti contro CONSOB e Banca d’Italia in relazione a danni sofferti per la “mancata, inadeguata o ritardata vigilanza nei confronti delle banchesono sottoposte alla giurisdizione del giudice ordinario.

Il caso è quello di clienti della Banca Popolare di Vicenza che convenivano in giudizio Banca d’Italia e Consob per ottenere sentenza di accertamento e dichiarativa della responsabilità di tali Autorità stante il fatto che “in conseguenza dell’omessa vigilanza da parte degli enti convenuti, non era stato impedito alla Banca vicentina di attribuire alle azioni un valore improprio, di applicare criteri di calcolo non corretti, di falsificare i dati patrimoniali in modo da apparire una banca solida, sicura ed in crescita patrimoniale”.

Preso atto che le Autorità citate non hanno alcun potere sul risparmiatore che, al contrario, sono tenute a tutelare, è apparso chiaro che la posizione giuridica del soggetto risparmiatore, nei confronti di CONSOB e Banca d’Italia, fosse inquadrabile nell’ambito del diritto soggettivo (tutelato dal giudice ordinario) e non dell’interesse legittimo del cittadino (soggetto alla giurisdizione amministrativa).

Dopo aver esaminato le domande loro rivolte, i giudici di legittimità hanno enunciato il seguente principio di diritto: “Sulle domande proposte dagli investitori ed azionisti nei confronti delle autorità di vigilanza (Banca d’Italia e CONSOB) per i danni conseguenti alla mancata, inadeguata o ritardata vigilanza nei confronti delle banche ed intermediari, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, non venendo in rilievo la contestazione di poteri amministrativi, ma di comportamenti “doverosi” a loro favore che non investono scelte ed atti autoritativi, essendo dette autorità tenute a rispondere delle conseguenze della violazione dei canoni comportamentali della diligenza, prudenza e perizia, nonché delle norme di legge e regolamentari relativi al corretto svolgimento dell’attività di vigilanza, quali espressione del principio generale del “neminem laedere (ndr. è il principio che impone a ciascuno di non ledere l’altrui sfera giuridica).

 

 

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